Universalitas & Pervasivitas – Sotto attacco - di A. Pisani

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La storia della Compagnia di Gesù potrebbe essere delineata anche solo evidenziando gli attacchi che fin dall’inizio, sia dall’interno della Chiesa cattolica che dall’esterno, giustificati o ingiustificati, ha subito. Troppe erano le novità che il nuovo ordine portava, troppo spiccata la sua personalità, troppe le vere o presunte ambiguità che la caratterizzavano perché la sua esistenza non attirasse le attenzioni di chi, a ragione o a torto, la vedeva come un potenziale pericolo.

Per citare solo alcune delle presunte ambiguità: il voto di povertà e il rapporto privilegiato con i potenti; la difesa delle popolazioni indigene nei confronti dei colonialisti e la loro presenza alla corte dei sovrani che pianificavano e sovrintendevano le colonizzazioni; il loro gallicanesimo e il loro ultramontanismo; il trovarsi spesso a fianco dei principi come consiglieri e come confessori e il teorizzare, per particolari condizioni, la loro deposizione o addirittura il loro assassinio; la stretta conformità al dettato del cattolicesimo post-tridentino e la sua elastica interpretazione finalizzata, a loro avviso, a incrementare l’opera di evangelizzazione;  l’enorme importanza da loro attribuita ai sacramenti di confessione e comunione e la gestione di questi stessi che ad alcuni critici sembrava “leggera” o persino ai limiti del sacrilegio… Al di là di queste vere o presunte ambiguità, altri aspetti del loro operato esponevano la Compagnia ad accuse e attacchi, quali ad esempio l’imputata eccessiva intimità  con le donne durante la confessione e, per quello che riguarda l’insegnamento, il privilegiare la cultura classica (e dunque pagana). Non giocava infine a loro favore la presenza (talvolta dubbia) di un certo numero di cristianos nuevos tra le loro fila, nonostante le severe restrizioni imposte, a un certo punto, sia dalla Chiesa che dall’Ordine.

Gli attacchi vennero da tutte le direzioni: dal mondo protestante, dai partigiani delle sovranità nazionali, dai giansenisti, da altri ordini religiosi, da esponenti del clero secolare e delle alte gerarchie ecclesiastiche nonché, come è naturale, dal variegato mondo dei philosophes, dei libertini eruditi e dei nuovi pirronisti e nuovi scettici.

Le ragioni di questi attacchi erano tutto e l’esatto contrario di tutto: troppo vicini ai potenti e troppo schierati a fianco degli indios contro le prevaricazioni e lo sfruttamento dei colonialisti; troppo fedeli al dettato tridentino e troppo abili nel trovarne scappatoie; troppo legati al papa, soprattutto in virtù del “quarto voto”, ma da lui troppo indipendenti quando, proprio nelle missioni a cui il papa li aveva destinati, applicavano i loro peculiari metodi di evangelizzazione; infaticabili persecutori delle eresie e, al tempo stesso, in odore di alumbradismo. E così via.

Sarà proprio con un’accusa di alumbradismo che inizieranno gli attacchi nei confronti della Societas già nei primissimi anni della sua vita. L’accusa, mossa dai domenicani e in particolare dal loro prestigioso teologo Melchor Cano, si basava su alcuni tratti degli Esercizi spirituali di Loyola che, a loro avviso, richiamavano le pratiche spirituali degli alumbrados. Peggio ancora, gli Esercizi si rivolgevano a tutti, laici e religiosi, donne e uomini, esponendo così al rischio di veder incrinate le più solide categorie sociali. Ecco allora, già nel 1547 – e dunque un anno prima della loro approvazione da parte del papa -, Cano predicare apertamente contro gli Esercizi e operare affinché le gerarchie ecclesiastiche li esaminassero attentamente e li condannassero.

E questa non era che la prima azione contro i gesuiti, eppure già vi si individuavano temi che ricorreranno per tutta la storia degli attacchi alla Società: di essere demoniaci, seduttori di donne, ingannatori del mondo, lassisti nei confronti dei peccatori, insofferenti alla disciplina a cui gli altri ordini si sottoponevano, di impersonare, insomma, l’avverarsi della profezia paolina circa i novatores.

Quali che  fossero le accuse, comunque, occorre essere molto cauti nella loro valutazione e nel ricusarle o accoglierle indistintamente. Recenti studi hanno infatti dimostrato che l’unità della Compagnia era più apparente che reale e che dunque certe accuse, apparentemente assurde e infondate qualora si tenga  conto delle opere dei suoi principali esponenti e soprattutto dei suoi scritti fondazionali e programmatici, possono invece avere il loro fondamento nell’operato di determinate correnti spirituali:

“…ciò che qui occorre sottolineare è il fatto che il pensiero di Melchor Cano e dei suoi numerosi eredi echeggiava, con toni e prospettive diversi, anche all’interno della Compagnia in cui non mancarono correnti improntate a un maggiore e più intimo spiritualismo, a peculiari tensioni profetiche, a tentativi di adattamento o trasformazione in qualcosa di più simile agli ordini religiosi tradizionali. Anche il corpo gesuitico si trovò dunque diviso al suo interno, per effetto del lento penetrare di un pensiero controriformistico, e non fu mai un blocco monolitico, compatto e omogeneo. La presenza di più correnti spirituali, di un pensiero messianico che si insinuava all’interno della Compagnia promotrice attraverso se stessa di un progetto di riforma della Chiesa, nella convinzione di essere uno strumento di un disegno divino da compiere, sono temi complessi che richiederebbero approfonditi studi e ricerche.”

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