UNIVERSALITAS & PERVASIVITAS: IL COSTITUIRSI E IL DIFFONDERSI DELLA SOCIETAS JESU E SUOI ECHI (1540-1773) - Explicit del secondo Repertorio nascosto* - di A. Pisani
“Repertorio”: dal latino reperio, designa un testo che riporta notizie in merito a ciò che è stato trovato su un determinato tema. Il repertorio, di conseguenza, dovrebbe essere definito come «uno strumento che aiuta al ritrovamento di esemplari afferenti a uno stesso ambito tematico». Taluni bibliotecari talvolta, ma in genere ogni individuo sufficientemente rozzo che pretenda di poter esercitare un dominio su beni che non gli appartengono, ritiene invece che sia sua precisa prerogativa ostacolare la fruizione degli oggetti che, a titolo professionale, sono sottoposti alle sue cure. A prescindere perciò dal comportamento, ossequioso al suo intimo imperativo, di certi bibliotecari, ne consegue che chi voglia, per puro divertissement, assumerne anche solo in parte le sembianze, può essere tentato a far sì che le sue azioni non agevolino in alcun modo terzi (che come dice il Filosofo, e come bene ha appreso una particolare sottoclasse di bibliotecari, sono esclusi). Qualora una qualche forma di perversione, che come si sa è sempre presente nei giochi un po’ spinti, portasse il dilettante a redigere un elenco, un repertorio, un catalogo, a compiere insomma azioni che potenzialmente agevolino il ritrovamento degli oggetti di cui si dà notizia e dunque ad assumere un comportamento contrastante con l’intimo imperativo del professionista perverso, egli è almeno tenuto a occultare le conseguenze pratiche della sua forma di perversione, pena, ça va de soi, l’annullamento del gioco stesso.
Da un punto di vista psico-antropologico la redazione di repertori, cataloghi, ecc. (e dunque anche dei “repertori nascosti”) risponde alle stesse pulsioni che determinano il comportamento di figure quali il Signor Josè :
«Persone così, come questo Signor Josè, le incontriamo dovunque, occupano il proprio tempo o il tempo che credono gli avanzi dalla vita a raccogliere francobolli, monete, medaglie, vasi, cartoline, scatole di fiammiferi, libri, orologi, magliette sportive, autografi, pietre, pupazzetti di terracotta, lattine vuote, angioletti, cactus, libretti d’opera, accendisigari, penne, gufi, cassette di musica, bottiglie, bonsai, dipinti, boccali, pipe, obelischi di cristallo, papere di porcellana, giocattoli antichi, maschere di carnevale, probabilmente lo fanno per qualcosa che potremmo definire angoscia metafisica, forse perché non riescono a sopportare l’idea del caos come principio unico che regge l’universo, e perciò, con le loro deboli forze e senza l’aiuto divino, tentano di mettere un certo ordine nel mondo, e per un po’ di tempo ci riescono pure, ma solo finché possono difendere la propria collezione, perché quando arriva il giorno in cui questa si disperde, e quel giorno arriva sempre, o per morte o per stanchezza del collezionista, tutto ritorna all’inizio, tutto ritorna a confondersi.» (Josè Saramago, Tutti i nomi, (traduzione di Rita Desti) 3. ed.,Torino, G. Einaudi, 2006, p. 13).
In linea ideale, invece, questo tipo di occultamento si ispira alla tradizione ebraica del Sèfer Hanisraf (“Il libro bruciato”) e del Sèfer Haganuz (“Il libro nascosto”) di rabbi Nahman di Bratislava. Se occultato, il repertorio è, di conseguenza, forse l’espressione più elevata dell’arte di trattare i libri e, più in generale, ogni forma, esistente o non esistente:
«... poiché, quand’anche in certo qual modo e per uomini leggeri le cose non esistenti possano rappresentarsi con parole più facilmente e con minore responsabilità delle esistenti, allo storico pio e coscienzioso accade esattamente il contrario: nulla si sottrae alla rappresentazione mediante la parola e d’altro canto nulla è tanto necessario quanto porre davanti agli occhi dell’uomo certe cose, la cui esistenza non è né dimostrabile né probabile, le quali però appunto perché uomini pii e coscienziosi le trattano quasi fossero esistenti, si avvicinano un poco all’essere e alla possibilità di nascere.» (Albertus Secundus, Tract. de cristall. spirit. ed. Clangor et Collof., lib. I, cap. 28; traduzione ms. di Josef Knecht, cit. in Hermann Hesse, Il giuoco delle perle di vetro).
Les jeux sont faits, rien ne va plus!
*Denominando un repertorio nascosto come “secondo” si allude all’esistenza di un “primo repertorio nascosto”, a tutti sconosciuto. Questo, come doveroso, orgoglioso, e un po’ vanaglorioso, atto di riconoscimento a se stessi e della maestria conseguita.