Autori
Coton, Pierre <1564-1624> Bonald, François
Titolo completo
Responsio apologetica aduersus anticotoni, & sociorum criminationes. ... In qua demonstrantur famosorum, qui nunc volitant, libellorum authores anonymos reos esse hæreseos, perduellionis, perfidiæ, sacrilegij, atrocissimæque imposturæ. Scripta primùm Gallice ab uno è Patribus Societatis Iesu, ac postmodum Latine transcripta à P. Ioanne Perpezatio sacerdote eiusdem Societatis
Paese
Francia
Lingua
Latino
Descrizione fisica

268, [2] p. ; 8°

Iniziali e fregi xilogr
Segn.: A-Q8 R8(-R8)
L'ultima c. è bianca.

Marca (giglio con iniziali dell'editore ai lati) sul front., visibile su UB web (Universitat de Barcelona, Marques d'impressors)

Abstract

Opera di incerto autore, attribuita sia al p. Pierre Coton che al p. François Bonald, cfr. Backer-Sommervogel. vol. 1, col. 1693, n. 2 e Barbier, A.A. Ouvrages anonymes, v. 4 col. 296.

Non si esclude anche la paternità di Louis Richeome

L’opera (Anticoton, ou refutation de la lettre declaratoire du pere Cotton. Liure ou est prouue que les Iesuites sont coulpables & autheurs du parricide execrable commis en la personne du roy tres-chrestien Henry 4. d'heureuse memoire), pubblicata anonima, viene generalmente attribuita a César de Plaix, autore di altri pamphlet contro la Societas Jesu. Altri attribuiscono l’opera a Pierre Dumoulin, ministro protestante a Charenton, altri ancora a  père Jean Du Bois-Olivier o a  Pierre Coignet.

Pierre Coton, provinciale dei gesuiti e confessore di Enrico IV, si trovò al centro di numerose polemiche dapprima per il rilevante ruolo da lui rivestito nel convincere il re a riammettere la Compagnia, espulsa dal Parlamento di Parigi nel 1594, nel territorio francese (editto di Rouen del 1603) e in seguito per le sue presunte tendenze monarcomache. Il suo ruolo nella riammissione della Compagnia in Francia sfociò in un tentativo di assassinarlo (1604), mentre la strenua difesa dell’innocenza della Compagnia in merito all’uccisione del re da parte del fanatico cattolico Ravaillac (14 maggio 1610) porterà alla pubblicazione di questo pamphlet (al quale risponderà anche il gesuita Greco Andreas Eudaemon-Joannes con il suo Refutatio Anticotoni  pubblicato a Roma nel 1611) e avrà un rilevante peso nella sua successiva esclusione dalla corte (1617).

Parte considerevole dell’attività di Richeome fu dedicata alla difesa dell’Ordine dai numerosi attacchi che gli venivano mossi. In particolare egli si mosse in difesa dalle accuse contenute nel Catéchisme di Etienne Pasquier [nota], pubblicato nel 1594 e condannato dal Sant’Uffizio il 16 novembre 1602. “Richeome scrisse i suoi cinque pamphlets in difesa della Compagnia con pseudonimi differenti per dare l’impressione che all’interno dell’ordine vi fosse un’identità di vedute… L’originalità della difesa di Richeome non stava tanto nella replica alle singole accuse… quanto piuttosto nell’attacco a Pasquier su tutt’altro terreno : quello del suo supposto calvinismo… É interessante notare quale argomento Richeome utilizzasse per rispondere a Pasquier in merito all’obbedienza che i padri devono al Generale della Compagnia. Scriveva il gesuita francese che l’uomo «est animal politicque, né pour vivre en la société publicque et en estre un membre». Dunque, se si accettava pacificamente che l’uomo avesse degli obblighi politici, non si vedeva perché non dovesse averne anche nella sfera religiosa. Si può dire che con una simile risposta Richeome avallasse inconsapevolmente la tesi di fondo di Pasquier, e cioè che i gesuiti fossero in primo luogo dei politici. In ogni caso testimoniava una volta di più la prevalente spinta dei gesuiti verso la società e l’intenzione di agire all’interno di essa piuttosto che nel chiuso dei conventi. Non è difficile comprendere come una simile scelta avrebbe ovviamente comportato un acuirsi dei contrasti con il potere costituito, ogniqualvolta i gesuiti avessero tentato di assumere una posizione diversa o autonoma rispetto a esso. Ma c’è ancora un’altra notazione che va fatta a proposito delle opere di Richeome, e cioè che vennero tutte tradotte in latino da Jacob Gretser, il quale… fu anche il primo difensore dei gesuiti dalle accuse contenute nei Monita [secreta, nda]. É importante sottolineare questo fatto perché evidenzia come vi fosse una rete europea di polemisti gesuiti pronti a difendere la Compagnia adottando tattiche molto simili. Lungi però da essere sintomo di unanimità, era probabilmente indice del fatto che dal centro si delegavano solo pochi e fidati gesuiti a rispondere agli attacchi ; quasi che solo una tattica di questo tipo fosse in grado di assicurare quell’immagine di accordo che la compagnia teneva a far trasparire.”

Nota: La chiave di volta che Pasquier cercava di scardinare con il suo Catéchisme era l’obbedienza cieca che doveva contraddistinguere la natura del vero gesuita: “Et quand je considère ce voeu il me semble voir les Anabaptistes qui se disoient esté envoyez de Dieu pour restablir toutes choses de bien en mieux.” “Etienne  Pasquier riteneva che l’obbedienza cieca si basasse sull’idea che ‘ogni superiore rappresenti il Cristo, cioè essenzialmente, su un adattamento della dottrina gerarchica pseudodionisiana. Attraverso l’idea di rappresentazione, anche i gesuiti dunque rendevano presente l’ordine divino considerandolo rappresentato dal superiore gerarchico e attuato nel suo comando’. Si veda V. Frajese Sarpi scettico…  il Mulino, Bologna, 1994, p. 195” [ M. Catto La Compagnia divisa. Il dissenso nell’ordine gesuitico tra ‘500 e ‘600,  Brescia, Morcelliana, 2009, p. 121 n. 69].

Le critiche di Pasquier avevano un parallelo all’interno della Compagnia stessa: si pensi all’attacco del gesuita francese Vincent Julien, sostenuto da altri confratelli spagnoli, di cui dovette occuparsi il Sant’Uffizio e a cui si oppose Roberto Bellarmino con il trattato De obedientia quae caeca nominatur nel quale, basandosi su passi scritturali e sulla tradizione patristica, dimostrò l’ortodossia del regime di obbedienza gesuitico.

Cfr.: S. Pavone,  Le astuzie dei gesuiti, Roma, Salerno, 2000,  p. 225-226.

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Tipo pubblicazione
Monografia
Pubblicazione
Lugduni: [editore] sumptibus Horatij Cardon, 1611
Collocazione
2.P.VI.58
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