Universalitas & Pervasivitas –  Atti Costitutivi. Documenti che ispirano, definiscono  e costituiscono  la Societas Jesu -
di A. Pisani

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La bolla del 1550, scritta sulla base di quanto suggerito da Ignazio nella Formula, porta anche un’interessante novità: l’espressione “servire il suo vicario sulla terra” diventa “servire la chiesa… sotto il Romano Pontefice, vicario di Cristo sulla terra”. Accanto a una possibile motivazione controriformista, la ragione fondamentale di questo cambiamento è probabilmente da vedere nella volontà di sottolineare il loro ruolo all’interno del corpo della Chiesa. Ruolo, però, che viene assunto dai gesuiti in maniera affatto specifica: i padri infatti rifiutano di occuparsi delle parrocchie o di assumere compiti e funzioni nella struttura gerarchica della Chiesa. Il loro compito, invece, sarà quello, un po’ generico ma più volte ricordato, di “aiutare le anime”. Si vede dunque come già nella Formula (e nelle Bolle che a questa si ispirano) e nelle Costituzioni sia in opera il loro caratteristico “modo di procedere”. Modo di procedere che, sempre nelle Costituzioni, si manifesta ogni qualvolta venga data un’indicazione operativa: per ogni compito vengono date precise indicazioni su come portarlo a termine, a meno che, a seconda di particolari circostanze, non si trovino altre modalità ritenute più adeguate. Questa stessa, sorprendente, relatività si ritrova nella fitta corrispondenza che Ignazio intrattiene con singoli gesuiti.

É anche interessante notare come, sia nella Formula che nelle Costituzioni, non vi sia alcuna traccia di un impegno in quell’approfondimento teologico e filosofico  a cui i padri fondatori pur si dedicarono durante la loro permanenza a Parigi, né si parli, cosa forse ancor più stupefacente considerando la successiva evoluzione della Societas, di un loro impegno nell’insegnamento. Pur non essendo questo previsto nel progetto iniziale, è un dato di fatto, però, che nel giro di pochi anni, diventò una delle attività principali. Due ne sono le ragioni: una interna, l’altra esterna. Quella interna è conseguente alla necessità di fornire ai giovani postulanti quel tipo di preparazione che era richiesto dal progetto ignaziano. Per i primi tempi i collegia  erano istituiti alla maniera medievale: fornivano un rifugio ai giovani che compivano, invece, i loro studi presso la locale università. É su quest’ultimo aspetto che si toccano le ragioni esterne: i gesuiti si resero presto conto che le università fornivano un tipo di preparazione inadeguato alle loro necessità, inadeguato non solo ai loro standard ma anche alla necessità di formare un nuovo tipo di religioso cattolico munito di una formazione teologica tale da metterlo in grado di difendersi e di contrattaccare i riformati. La percezione di questa inadeguatezza era condivisa dagli appartenenti ai ceti elevati che per i figli cercavano a loro  volta forme di istruzione adeguate ai tempi. É del tutto naturale che gli appartenenti ai ceti elevati abbiano apprezzato, fin dal loro esordio, le scuole gesuitiche. Gli insegnamenti lì impartiti erano infatti “più di questo mondo”: i gesuiti facevano più riferimento al mondo classico (e quindi pagano) e alla sua cultura, certo rivisitato sotto particolari filtri, che non a quello cristiano, senza contare l’ampio spazio dato all’insegnamento della matematica, della fisica, dell’astronomia. In tutto e per tutto, dunque, i gesuiti vivevano  più nel secolo rispetto agli altri religiosi senza essere, per questo, meno impegnati degli altri nell’esercizio del loro ministero. La differenza tra i gesuiti e gli altri religiosi era invece conseguente a quella diversa impostazione di base che, già presente negli Esercizi spirituali, troviamo poi chiaramente esplicitata al punto 288 delle Costituzioni quando si esorta a “trovare Dio in tutte le cose”.

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