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“La peculiarità dell’istituto ignaziano stava proprio nella grande forza dirompente rispetto alla tradizione, non più considerata dal fondatore adeguata alla conquista delle anime, alla necessità di evangelizzare le ‘Indie’, lontane e vicine.  Le decisioni di adottare alla fine non solo il terzo voto di obbedienza, ma anche il quarto voto speciale di obbedienza al papa, possono essere considerate frutto di profonde valutazioni, e forse anche di un calcolo politico. In questo modo si davano rassicurazioni: l’ordine si presentava nuovo (niente obblighi di recita del coro in comune, di ogni forma di osservanza esteriore, un sistema di progressione interna delle carriere particolarmente anomalo rispetto alla tradizione) e la sua forza esplosiva veniva bilanciata da una aparente maggiore sottomissione e vicinanza al potere spirituale e al suo vicario in terra. Nonostante questi accorgimenti… i ritardi di Paolo III nel riconoscimento dell’ordine ebbero origine proprio da questi elementi. Erano le nuove caratteristiche identitarie dei primi gesuiti, interpretate come una palese sfiducia e ostilità rispetto agli ordini religiosi mendicanti e monastici, ad alimentare i dubbi e le perplessità dei cardinali chiamati ad esprimere un parere sulla richiesta ignaziana.”

Cfr.: Michela Catto La Compagnia divisa. Il dissenso nell’ordine gesuitico tra ‘500 e ‘600 Brescia, Morcelliana, 2009, p. 114-115.