Autori
Titolo completo
Enchiridion controuersiarum praecipuarum nostri temporis de religione, in gratiam sodalitatis beatissimæ virginis Mariæ, auctore R.P. Francisco Costero societatis Iesu ... Editio postrema ..
Paese
Germania
Lingua
Latino
Descrizione fisica

[44], 732 p. ; 8º

Cfr.: Eureka

Cors. ; rom

Segn.: A-3D⁸

Marca sul front.

Note

L’Enchiridion di Coster si propone di preparare e di addestrare il fedele all’incontro dei vari tipi di eretici d’Europa ed è, all’interno della Compagnia, uno dei primi trattati di teologia controversistica con pretese di generalità (tra gli altri trattati di questo tipo si  ricordano il Methodus di Gregorio de Valentia, pure del 1585, e le più famose Controversie di Bellarmino).
Nel periodo immediatamente successivo al Concilio di Trento, Coster fu, insieme ad Antonio Possevino e Pierre Canisius, uno dei principali fondatori di congregazioni fortemente marcate da spirito antiriformistico e attivismo antieretico . In queste congregazioni “seul l’homme importait. L’examen des règlements et des livrets de piété permet de s’en persuader. A quelques nuances près, le contenu est partout identique. Mêmes prières du matin et du soir, mêmes obligations concernant la confession et la communion, même méthode pour suivre la messe et pour méditer, même acte partout de consécration à la Vierge. C’etait le Libellus sodalitatis de François Coster, publié pour les étudiants de Cologne en 1576, que l’on retrouvait adapté, traduit, enrichi de quelques cantiques locaux, dans toutes les mains. Riches et pauvres, lettrés et illettrés, étaient traités de la même façon. […] Sous la diversité des procédés et des apparences c’était bien, en définitive, la même formation chrétienne ou plus largement la même culture qui était dispensée à tous. Dans les congrégations se préparait donc un homme chrétien d’un type nouveau, moins dépendant de son origine sociale. Dans ce fait, se trouvaient peut-être la vraie nouveauté, et, à plus long terme, le véritable risque de perturber l’ordre social traditionnel.” [Cfr.: Louis Châtellier “Les jésuites et l’ordre social” in: Les jésuites à l’âge baroque 1540-1640, Grenoble, Editions Jérôme Millon, 1996, p. 143-154].

Nell’Enchiridion Coster ribadiva uno dei temi tipici della Chiesa della seconda metà del Cinquecento, e cioè la sua cattolicità a differenza delle altre che si trovavano radicate solo in particolari regioni: i luterani in Germania, gli anabattisti in Olanda e Moravia, per non parlare dei ben pochi successi, al di fuori dell’Europa, di qualsiasi chiesa riformista. Sempre in polemica con i riformisti (e alle guerre di religione allora in atto), Coster richiama anche la differenza dei metodi di affermazione, dicendo che in epoca romana i cristiani preferirono il martirio piuttosto che versare il sangue altrui e imporsi con la forza.

Le Congregazioni Mariane furono create dai gesuiti al fine di concretizzare le decisioni prese in seno al concilio di Trento. Sorsero  tra gli studenti dei collegia, per poi diffondersi, da lì a poco, anche al di fuori. Nei primi tempi certe Congregazioni sono miste (si pensi a quella del Santo Sacramento di Napoli fondata da Ignazio e a quella dell’Assunzione di Friburgo fondata da Pietro Canisio), e si rivolgono a tutti gli strati della società: “L’obiettivo, fin dall’inizio, è la società intera; essa infatti ha bisogno di essere trasformata radicalmente, anche se il fine dichiarato, limitato alla formazione spirituale di qualche buon allievo, sembra piuttosto modesto, se non irrisorio” [Cfr.: Louis Châtellier, L’Europa dei devoti, Milano, Garzanti, 1988, p. 27]. A partire dal generalato di Claudio Acquaviva, però, i sodalizi misti non sono più tollerati e si arriva a respingere la creazione di nuove congregazioni femminili. “Non sarà più possibile essere membro di congregazione senza aver compiuto l’atto di consacrazione alla Santa Vergine. Ma questa formula, che la impegna allo stesso modo di coloro che da lei dipendono, può essere pronunciata da una donna validamente quando, in realtà, ella è sottoposta al potere di un padre o di un marito? Logica vorrebbe che fossero questi ad assumere l’impegno a nome suo, come i termini dell’atto di consacrazione li invitano a fare. Considerata inferiore dalla legge, la donna non ha libera disponibilità della sua vita religiosa e i discorsi imbarazzati e le decisioni spesso contraddittorie dei generali a questo proposito non fanno che mettere in evidenza uno stato di fatto che non ha nulla a che vedere con la religione, ma della cui esistenza la religione deve tener conto.” [Cfr.: Louis Châtellier, L’Europa dei devoti, Milano, Garzanti, 1988, p. 28.

Le Congregazioni Mariane si distinguono immediatamente dalle altre per le regole che impongono ai loro membri: confessione settimanale, comunione mensile, celebrazione di particolari festività dedicate alla Vergine e a Gesù Cristo. In certe località l’obbligo della comunione è addirittura quindicinale o settimanale (Napoli). I membri, inoltre, devono imparare a servir messa e a parteciparvi quotidianamente. Il loro zelo li spinge anche a svolgere incarichi pertinenti, di norma, al clero quali il controllo dei libri posseduti da parenti e conoscenti, la loro distruzione, in caso di ereticità, su roghi improvvisati e i pressanti  solleciti, che diffondono nel loro ambiente, a dedicarsi a determinate pratiche devozionali (preghiere prima dei pasti, frequenti confessioni e comunioni). In un’epoca come quella post-tridentina, caratterizzata da una precisa distinzione tra semplici fedeli e sacerdoti, questi loro comportamenti, nota Châtellier, emanavano un certo odore di eterodossia. E infatti, così come avvenne più in generale per i gesuiti,  non poche furono le critiche e le resistenze nei loro confronti.

«Nel modello di religiosità costeriana, come peraltro in quello gesuitico, la confessione occupa un posto centrale ed è per questo motivo che una parte consistente della sua opera è dedicata a una minuziosa analisi della pratica confessionale: “I manuali per confessori continuarono a lungo a proporre modelli di autoesami sommari, da praticare prima della confessione: ma sempre più prendeva corpo la pratica dell’esame di coscienza come esercizio normale, da fare tutti i giorni, prima di prender sonno. Rispetto alla tradizione dell’esame quotidiano, il metodo introdotto dai gesuiti fu caratterizzato da una straordinaria minuziosità. Per farsene un’idea basta scorrere l’interminabile schema proposto per l’esame della coscienza nel libro di devozioni scritto dal padre François Coster per le congregazioni di cui fu l’infaticabile organizzatore: congregazioni che nella pratica dell’esame di coscienza avevano una loro specifica finalità. La confessione, per i membri della congregazione, si doveva fare ogni settimana. A quell’appuntamento, bisognava prepararsi con esami quotidiani accuratissimi… l’esame quotidiano si doveva concludere con elenchi scritti di peccati ordinati per gruppi omogenei: poi, al momento della confessione, l’intero elenco scritto doveva essere mandato a mente e ripetuto al confessore. Ma poiché poteva capitare che qualcuno non avesse fatto il lavoro quotidiano di annotazione, padre Coster offriva un promemoria tipo… Pagine e pagine, un libro intero, squadernano al lettore tutte le categorie di peccati ordinate secondo l’aritmetica nuova dei dieci comandamenti sommata a quella tradizionale dei sette peccati capitali… Bisognava scavare nella memoria, ricordare tutto – circostanze, occasioni, quantità e qualità dei peccati. Era… una lettura ansiosa, anche se l’autore esortava alla confidenza e cercava di allontanare il pericolo di una coscienza scrupolosam et anxiam. Per spingere alla fiducia, padre Coster usava un’immagine non nuova: quella di Dio come un sovrano che, al suo arrivo in una città, offre un perdono generale a tutti i suoi sudditi che si recheranno da lui per chiedergli la lettera di remissione – adattamento cattolico del principio della giustificazione per fede caro, in Italia, ai lettori del Beneficio di Cristo. Ma l’esame di coscienza era una prova difficile, impegnativa. Anche gli autori che si sforzarono di attrarre i penitenti piuttosto che di spaventarli, si lasciarono sfuggire immagini inquietanti… L’esame di coscienza non poteva che essere fonte di ansia, proprio per la ricerca dell’esattezza e della completezza. E, poiché era fondamentale ricordare con precisione ogni dettaglio emergente dal dialogo con la coscienza, ci si aiutava con la scrittura… La scrittura era l’esito inevitabile di quella pratica dell’esame di coscienza…” »
Cfr.: Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996, p.499-501.

Un decreto del Sant’Uffizio del 1602, però, proibirà esplicitamente la pratica delle confessioni scritte che, soprattutto in ambito gesuitico, avevano cominciato a manifestarsi.
 

Tipo pubblicazione
Monografia
Pubblicazione
Coloniæ Agrippinæ: [editore] in officina Birckmannica : sumptibus Hermanni Mylij Birkmanni, 1608
Collocazione
1.C.I.46
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