Anche nei confronti dei “nuovi cristiani” (musulmani ed ebrei convertiti al cattolicesimo) i gesuiti mostrarono sempre un atteggiamento meno sospettoso e più tollerante di altri, al punto che, a eccezione di un breve periodo, non elaborarono alcuna norma che vietasse il loro ingresso nell’Ordine: “Nel pesante clima inquisitoriale venutosi a creare, dopo la scoperta di comunità eterodosse a Valladolid e a Siviglia nel 1558-60, mentre la corona spagnola si ergeva a difesa della religione ormai nuda e abbandonata, come ricorda il quadro commissionato a Tiziano da Filippo II (1566-1575), e si rinchiudeva nell’ideologia della limpieza de sangre, Borja spalancava l’ordine gesuitico ai conversos.” [Michela Catto La Compagnia divisa. Il dissenso gesuitico tra ‘500 e ‘600 Brescia: Morcelliana, 2009, p. 41-2] Quando la Compagnia dovette uniformarsi ai dettami inquisitoriali arrivò sino a mascherare la propria storia. Bisogna ricordare, infatti, che anche tra i fondatori stessi della Compagnia vi erano alcuni “nuovi cristiani” e quando il biografo e storico ufficiale della Compagnia di Gesù, Francesco Sacchini, si applicò a scrivere la sua Historia Societatis Jesu fece non poca fatica a non fare trasparire certi particolari “sconvenienti”.