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“Negli  Astrologica  [Tommaso Campanella] ... connette persino i mutamenti della religione al progressivo avvicinarsi del sole alla terra. I popoli che vivono all’equatore furono i primi a fondare una religione, poi i loro spiriti si fecero “fumosi” e torpidi a allora la religione trasmigrò in Egitto, dove degenerò nel culto degli animali per il sopraggiungere del nuovo periodo “fumoso”. Il ciclo della religione vede così il suo continuo spostarsi verso nord-ovest, con i Babiblonesi, gli Ebrei, i Persiani, i Greci, i Romani, i Francesi e gli Spagnoli, emigrando con questi ultimi nel nuovo mondo. La «monarchia di Spagna» è predestinata a compiere il ciclo, consentendo al papa di trasferirsi prima nella penisola iberica e poi in America, donde in ultimo muoverà - dice Campanella per seguire la sua fantasia sbrigliata - verso il Giappone e farà in ritorno in Palestina alla fine dei tempi. Roma sarà anch’essa incenerita quando il sole, che per ora ha bruciacchiato solo i tropici, salirà più su verso le zone temperate e renderà impossibile continuare a viverci.” Cfr.: Enrico de Mas  L’attesa del secolo aureo (1603-1625)  Firenze, Olschki,  1982, p. 67.

E’ bene ricordare, inoltre,  che “Campanella riteneva che la Societas Jesu favorisse l’avvento di Cristo sulla Terra.  Già a metà ‘500 il celebre orientalista Guillaume Postel aveva riconosciuto nei gesuiti i viri spirituales che, secondo Gioacchino [da Fiore], avrebbero inaugurato il tertius status.” Cfr.: Gennaro Maria Barbuto  Il principe e l’Anticristo  Napoli, Guida, 1994, p.27. 

É anche opportuno ricordare che le componenti  messianiche e apocalittiche non furono di esclusiva pertinenza gesuitica  ma già erano presenti nella letteratura  francescana e domenicana:  “La letteratura missionaria prodotta in questa prima parte del Cinquecento - una letteratura prevalentemente ma non esclusivamente francescana - sottolineò la facilità della predicazione e il successo incontrato dai predicatori, come tratti che rinviavano appunto all’opera della Provvidenza e chiedevano di essere spiegati come segni della realizzazione di un disegno profetico. La disponibilità  delle popolazioni indigene a ricevere la nuova religione, la loro mitezza, l’assoluta mancanza di resistenze sono i luoghi comuni delle relazioni dei religiosi europei, a prescindere dall’appartenenza a questo o a quell’Ordine. Nella tradizione domenicana, queste osservazioni ebbero il valore di argomenti a favore del riconoscimento della piena natura umana delle popolazioni scoperte. Ma anche tra i domenicani non mancarono sottolineature apocalittiche e messianiche:  la lettera di fra Julian Garcés, con la cui pubblicazione nel 1537 l’Ordine domenicano fece sentire la sua voce autorevole nella questione della schiavitù degli indios,  citava la profezia di Elia e alludeva alla prossima fine dei tempi -  «plenitudo gentium»  e  «plenitudo temporum».”  Cfr.: Adriano Prosperi  Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996, p.  566.