[24], 173, [1] c. ; 4º
Marca (Z1106) sul frontespizio
Cors. ; rom
Segn.: †-2†⁴ a-d⁴, A-2T⁴ 2V⁶
Iniziali, testate e fregi xilografici
La c. b2 è segnata B2
Bianca l'ultima c.
«...la grande Historia natural y moral de las Indias di Acosta offre... uno studio evolutivo e comparato dei costumi... Sicuramente Acosta non si è limitato a usare lo schema concettuale creato dai suoi maestri di Salamanca... L’associazione tra il paradigma concepito da Vitoria (secondo cui l’indiano è un bambino naturale anziché uno schiavo naturale, ossia una creatura - in termini aristotelici - razionale in potentia anziché in actu), e la storia evolutiva di Acosta riposa invece sull’insistenza con cui Vitoria sottolineava il ruolo svolto dall’abitudine e dall’addestramento morale nel rendere in atto ciò che è in potenza. Acosta ha sviluppato esattamente ciò che Vitoria...aveva omesso: e cioè l’analisi dei costumi o mores in quanto meccanismo operativo dell’addestramento morale. Come egli stesso aveva chiarito, la sua era una “storia morale” proprio nel senso di una storia di mores: ed essa precisamente ha aperto la strada all’“etnografia” intesa come studio delle culture aliene (ed anche delle nostre, come diceva lo stesso Acosta) condotto attraverso una “spiegazione filosofica” dei loro comportamenti. Questa spiegazione... era orientata in senso evoluzionistico. Ciò era implicito nella sua visione agostiniana della storia come operatio Dei nel tempo, e così l’aveva intesa Lafitau agli inizi del Settecento.»
Cfr.: Anthony Pagden La caduta dell’uomo naturale. L’indiano d’America e le origini dell’etnologia comparata. Torino, Einaudi, 1989 ; p. XXII-XXIII.
«[Acosta] dedica un capitolo della sua Historia natural y moral... a dimostrare “che è falsa l’opinione, di molti, che sostengono provenire gli indios dal lignaggio dei giudei”. Già il fatto che il gesuita definisca questa opinione “di molti” è significativo, tanto più se si tiene presente che nel 1590, quando Acosta scriveva la sua opera, nessuno aveva ancora sostenuto ufficialmente, in Spagna, la teoria giudeogenetica, essendo quella di Acosta la prima opera a stampa che la contiene espressa, ancorché in forma critica, e privata dei suoi elementi profetici caratterizzanti. Ma la testimonianza di Acosta contiene un altro argomento degno d’attenzione: egli registra una serie di affinità di carattere e di abito... che, a suo dire, “il volgo considera come indizio certo [del fatto] che gli indios derivino dal lignaggio dei giudei”. Anche questa definizione della teoria giudeogenetica come opinione del “volgo” è significativa: a quale “volgo” può infatti alludere Acosta se non a quello delle colonie americane, cioè all’ambiente dei conquistadores - che si contrappone all’ambiente colto dei funzionari della corona e dei missionari? Non è pertanto azzardato scorgere nella testimonianza di Acosta una conferma, da un lato, della larga diffusione cinquecentesca della teoria in questione, nonostante l’assenza di una sua ufficiale espressione letteraria; e dall’altro lato, della circolazione precipuamente americana della teoria stessa.»
Cfr.: Giuliano Gliozzi Adamo e il nuovo mondo. La nascita dell’antropologia come ideologia coloniale: dalle genealogie bibliche alle teorie razziali (1500-1700) Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1977, p. 59.
«Le tesi eterodosse sull’origine non adamitica degli americani circolavano ormai apertamente nei più spregiudicati ambienti europei quando il gesuita José de Acosta diede alle stampe – nel 1590 – l’ Historia natural y moral de las Indias, dove veniva esposta quella soluzione del problema relativo alle origini degli americani che avrebbe segnato, in quest’ambito, un radicale mutamento di impostazione. Per quanto sia assente, nella sua opera, un esplicito riferimento alle insinuazioni blasfeme dei libertini, queste non mancano di presentarsi come un sotterraneo punto di riferimento della polemica acostiana… L’attacco libertino aveva dimostrato che la principale debolezza razionale della risposta monogenetica era costituita dall’incapacità di risolvere il problema del tragitto dei primi popolatori del Nuovo Mondo… La ricerca di una spiegazione razionale del tragitto dei primi popolatori dell’America, capace di porre l’impostazione monogenetica al riparo della critica libertina, è dunque uno dei motivi che inducono Acosta a respingere… tanto la derivazione degli americani dagli ebrei o dai cananei o da Ofir, quanto la loro origine dagli atlantidi o dai cartaginesi. Ed è questa ricerca che, obbligando Acosta ad uno scrupoloso vaglio razionale, conferisce alla sua risposta quel carattere ‘scientifico’ che ancora oggi le viene riconosciuto… Si può dunque affermare – conclude il gesuita spagnolo – ‘che il lignaggio degli uomini venne spostandosi a poco a poco, fino a raggiungere il Nuovo Mondo, aiutato in ciò dalla continuità o dalla vicinanza della terra, e di tanto in tanto da qualche navigazione, e che questo fu l’ordine in cui vennero, e non vi fu una navigazione volontaria, né successe alcun grande naufragio, anche se poté accadere in parte anche questo: perché essendo queste regioni vastissime, e contenendo innumerevoli popolazioni, possiamo ben credere che queste ultime giunsero a popolarle quale in un modo, quale nell’altro’ (1.I. cap. XXIV, p. 38) Questa soluzione ‘scientifica’ del problema del tragitto dei primi americani, divulgata da Acosta e, prima ancora, dagli scrittori ugonotti…, era stata formulata, in forma ancor più rigorosa, dal cosmografo del Consiglio delle Indie Juan Lopez de Velasco fin dagli anni 1571-74, in un’opera allora composta e rimasta inedita fino al secolo scorso.» Cfr. ibid. p.371-373.
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