Alchimia e cucina.

Piccola esposizione in occasione dell'incontro con il Prof. G. Rebora

"La civiltà della forchetta"

21 marzo 2002

 

Testo di Roberto Di Carlo; schede a cura di Alessandro Pisani e Oriana Cartaregia

Prendiamo spunto dal tema di questo incontro per attirare l’attenzione sul contributo che biblioteche come la nostra possono fornire per soddisfare quelle curiosità e quella fame di approfondimenti che sono inevitabilmente stimolate da argomenti così appetitosi quali quello odierno.

Un fascino delle biblioteche ricche di fondi antiquari, come appunto la Biblioteca Universitaria di Genova, è quello di permettere, partendo – si può dire – da un qualsiasi punto, escursioni talvolta inattese, ma sempre avvincenti, negli sterminati scenari del sapere, permettendoci di cogliere anche in oggetti d’uso quotidiano pregnanze, valori e connessioni spesso rimaste nell’ombra e dunque a rischio di scivolare nell’oblio.

Oggi si parlerà di cucina, si parlerà cioè di quei processi di trasformazione volti a rendere delle sostanze, isolatamente o in combinazione, più appetibili, più digeribili o, talvolta, semplicemente commestibili. L’uso di questi processi di trasformazione ha però una portata più ampia di quella di agevolare e/o rendere più gradevole all’uomo la necessità di alimentarsi, essendo infatti uno dei tratti che distinguono, detto in due parole, le civiltà socializzate da quelle più primitive. Questi stessi processi, infatti, applicati anche a sostanze non destinate all’alimentazione sono quelli che permettono di ottenere i metalli dalle rocce, di fonderli, di purificarli, di amalgamarli, ecc. Parlando di cottura, di fusione, di distillazione, di tutti quei processi di trasformazione, insomma, che caratterizzano un avviato processo di civilizzazione, si evoca un altro tipo di attività che, non a caso, ha forti e significative relazioni tanto con l’arte dei metalli quanto con quella culinaria: l’alchimia. Basti pensare, infatti, che i flan e le mousses, che tanto apprezziamo, sono ottenuti attraverso un processo volto ad accelerare con moderazione la trasformazione naturale, processo che la tradizione alchemica fa risalire alla mitica Maria l’Ebrea, da cui il nome di < I> balneumMariae: il "bagnomaria". Pensiamo oppure alle ascendenze alchemiche del popolare vermut e dell’acquavite, al punto che un famoso alchimista, il Rupescissa, era convinto che proprio nell’acquavite fosse contenuto il principio della "quintessenza". Altro esempio che indica lo stemperarsi l’una nell’altra delle due attività – cucina e alchimia – è fornito da uno dei tanti, disperati e falliti tentativi da parte di Bernardo di Treviri di ottenere la "pietra filosofale" facendo calcinare, imputridire e infine distillare ripetutamente 2000 uova sode. Vorrei lasciare, però, alla curiosità di chi fosse stimolato da questo tema il compito di indagare nelle non poche opere di carattere alchemico possedute dalla nostra biblioteca. Mi limiterò, quindi, a suggerire una particolare tipologia di opere, quella dei Libri secretorum, un tempo – tra la seconda metà del sedicesimo secolo e la fine del diciassettesimo - veri e propri bestseller. In queste opere, più che in tante altre, individuiamo infatti una costante commistione tra ricette di carattere alchemico e vere e proprie ricette di cucina. [SI VEDA ELENCO DELLE OPERE ]

Parlando di cucina, e parlando di ciò che una biblioteca può offrire a questo riguardo, non si può eludere almeno un altro aspetto della tematica: quello concernente come e quando alcuni alimenti sono entrati nella nostra cultura. Motivi di tempo impediscono di fare un’esemplificazione adeguata, mi limiterò dunque, prima di concludere, a suggerire, accanto a libriccini quali Della cioccolata di Antonio Colmenero (Venezia, 1678 – BUG 3.TT.VII.30), tutto quell’insieme di libri legati alle scoperte geografiche, alla colonizzazione del Nuovo Mondo e, soprattutto, all’opera dei missionari, nei quali, tra le tante notizie che si danno sui popoli con i quali gli autori venivano a trovarsi a contatto, non poche sono quelle che riguardano gli usi alimentari. Come solo esempio ricorderò che la prima informazione giunta in Occidente sull’uso del tè (nonché di altre erbe aromatiche) la possiamo trovare nel II capitolo del primo libro della De christiana expeditione apud Sinas del gesuita Nicolas Trigault (Lyon, 1616 – BUG 2.E.Vbis. 52), che riprende le informazioni manoscritte dell’artefice del successo delle missioni gesuitiche in Cina, p. Matteo Ricci.

Elenco opere

Colmenero de Ledesma, Antonio <sec. 17.>
Della cioccolata discorso diuiso in quattro parti d'Antonio Colmenero Ledesma medico e chirurgo della citta d'Ecija nell'Andaluzia ... : In Venetia, per il Valvasense, 1678.
80 p. , 8°
BUG. 3TT.VII.30

Ricci, Matteo (1552-1610) - Trigault, Nicolas (1577-1628)
Christiana expeditione apud Sinas suscepta ab Societate Iesu ex P. Matthaei Riccii eiusdem Societatis commentariis, libri 5. ... Auctore P. Nicolao Trigautio Belga ex eadem Societatis ... Editio recens ab eodem auctore multis in locis aucta & recognita, Lugduni : sumptibus Horatii Cardon, 1616 (Lugduni : ex typographeio Ioannis Iullieron, 1616
[16], 625 [i.e. 628, 12] p., [1] c. di tav. ripieg. : front. calcogr. ; 4°
BUG. 2.E.Vbis.52

Albertus Parvus Lucius
Secrets merveilleux de la magie naturelle et cabalistique du Petit Albert, traduits exactement sur l'original latin qui a pour titre ... Lyon, 1751
BUG. 3.KK.II.39<

Wecker, Johann Jacob (1528-1586)
De Secretis Libri XVII : Ex varijs authoribus collecti methodiceque digesti ... Basileae, [Perna], 1582
[48], 962 [i.e. 960] p.,
BUG. 3.KK.I.74

Orta, Garcia da (sec. XVI)
Dell'historia de i semplici aromati. Et altre cose che vengono portate dall'Indie Orientali pertinenti all'vso della medicina. Di don Garzia da L'Horto medico portughese, con alcune breui annotationi di Carlo Clusio. Parte prima diuisa in quattro libri. Et due altri libri parimente di quelle cose che si portano dall'Indie Occidentali. Con vn trattato della neue & del beuer fresco. Di Nicolo Monardes medico di Siuiglia. Hora tradotti dalle loro lingue nella nostra italiana da M. Annibale Briganti, ...
In Venetia : appresso l'Herede di Girolamo Scotto, 1605
[16], 525 p. : ill. ; 8°
BUG. 3.KK.I.22

Canoniero, Pietro Andrea (m. 1620)
Petri Andreae Canonherii ... De curiosa doctrina, libri quinque. Ad illustrissimum Io. Baptistam Victorium ... Florentiae : apud Volcmarium Timan Germanum, 1607
347, [5] p. ; 8° BUG 4.AA.I.106

Grandi, Lazzaro (sec.17)
Alfabeto di secreti medicinali, et altri curiosi, e diletteuoli d'ogni materia con l'arte facile d'uccellare, e pescare del sig. Lazaro Grandi dottore dimedicina. All'illustriss. ... Angelica Maria Giouanna Sorbellona ... In Milano : appresso a Francesco Vigone, a S. Sebastiano, 1670
[8] 256 p. ; 8°
BUG. Laura.BB.II.11

Can, Pier Francesco
Segreti del mondo medicinali, e curiosi da Pier Francesco Can arabo pellegrino publicati per vniuersale vtilita. In due parti alfabetiche. In Milano : per Francesco Vigone. Ad instanza di Giacinto Brena libraro al segno del Gesu nella contrada di S. Margarita, 1689
[8], 290, [22] p. ; 8° BUG. Laura.CC.I.29

Nuti, Annalisa - Piaggio, Rita
La cucina in Liguria. Schede, in Le cucine della memoria : testimonianze, Roma, [1995], [In testa al front.: Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni librari, le istituzioni culturali e l'editoria], v. 1: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli VeneziaGiulia, Liguria, Emilia Romagna,Toscana

L'erbario dell'alchimista

Medicinalia quam plurima. [Erbario dell'alchimista]

Ms. cart. e membr.; secc.XVex- XVIin (c. 346v : anni preteriti de MDV); mm 210x150; cc. IV [le prime 2 moderne], 377, VIII [le ultime 2 moderne]; scrittura gotica corsiva; legatura coeva [resturata] in pergamena semirigida con unghiature e legacci; c. IIIr: Ad usum P. Alexandri.

Biblioteca universitaria di Genova Ms. F.VI. 4

Con la definizione di erbario alchemico , utilizzata da Ulisse Aldrovandi (1522-1605), viene nominato un tipo di erbario che ha assai poco a che vedere con la mitizzata figura dell’alchimista quale facitore e interprete in senso mistico della trasmutazione della materia.

L’erbario alchemico fu piuttosto lo strumento di base della medicina "popolare", utilizzato per curare quotidianamente la gente più comune e povera. Quello, da cui sono tratte le ricette trascitte, porta, come tutti gli erbari alchemici, figure di erbe che non trovano nessun riscontro nella realtà oggettiva. È un erbario doppiamente raro e importante poiché oltre ad essere una raccolta di testi e di ricette accompagnate spesso da formule magiche e propiziatorie, è stato scritto e quasi certamente utilizzato sul territorio genovese.

Si tratta di una compilazione nella quale confluiscono insieme frammenti di testi tratti dalle opere dei più grandi medici, chiromanzia, magia e tradizioni terapeutiche tramandate oralmente dalle vetulae (le vecchie delle erbe) o dai "medicastri" da fiera.

Unico erbario alchemico genovese finora conosciuto, è anche interessante da un punto di vista linguistico. In esso sono infatti frequenti e repentini i passaggi dal latino classico al volgare latinizzato e spesso infarcito dielementi dialettali genovesi.

"A fare una torta o vero ravioli, come se usa Cagli. Recipe mele libra 1 1/2; pere amabile o vero gentile, cocte soto la braxia e monde, 5; uno caseo ravigioli de libra 1; ranciata uno scudelino; noce concie doe o tre; spetie dolce, garofali, pepe, cinamomo, ana un quartino; crosta de ciardoni o vero pasta sotile; e fa' bollire et spumare el mele, poi mescida ogni cosa insieme, pesta le pere o vero le meti intrege, fesse in 4 parte, ma non spicate de 'sieme, e meti ogni cosa in una tegia, e dagli lo caldo, lento e suave. Dicta torta vole esser mangiata freda, perché calda non vale nulla. E dura per spatio de 15 iorni" [c. 170r]

A fare una bona torta per carnasale o vero ravioli. Recipe fiancale di porco libre 3 1/2, ova 10, caseo libre 1 1/2, rinciata libra 1, uve passe libra 1, amandole monde e peste libre 2, zucaro onze 2, cinamono, gingevro, pepe, safrano a discretione e fa'come è ditto di sopra" [c. 170v]

"Uno bello disnare.

Prima da' uno pignocato orato grande cum la malvagia, cum uno cialdone, idest nevole;

2 uno piateleto de milze in guazino fradoi, cioè de tripe;

3 meza scudela de birimagieri;

4 caponi lessi cum salsissoni bolognesi, idest cervelari e sapone bianco;

5 caponi, sterne e fagiani a rosto cum savore sanguigno, idest secundo genovesi peverata che se fa a Natale cum carne di bove, ma questo savore se fa cum coratela de porco pista e specie et cetera;

6 sterne, quagie, tordi a rosto;

7 torta de marzapane;

8 amandole confecte e pignocada cum zucharini;

9 la aqua a a mane;

10 trigea, idest giragia vel colandri in bacini grandi de argento;

11 per tute le taule, trigea sparta. "[c. 174v]