Le querelles più famose furono quelle per i riti cinesi e malabarici. Meno note sono quelle legate alle tecniche di evangelizzazione delle popolazioni indigene delle Americhe. L’assenza di qualsiasi forma preesistente di religiosità da parte degli indiani li rendeva infatti del tutto incapaci di adottare credenze e rituali loro insegnati. Ai missionari si aprivano due possibilità: cambiare gli indiani con la forza o adattare l’evangelizzazione ai loro costumi. Ufficialmente venne presa la prima via, ma in pratica molto spesso si adottò la seconda. La strategia era quella di sedurre e attrarre gli indigeni per mezzo di pratiche caratteristiche della loro cultura, alle quali in seguito sarebbe stato dato un significato cristiano, fino a condurli al battesimo. In certi casi i missionari, anziché “duellare” con gli stregoni per vincerli e dimostrare così la superiorità del cristianesimo, si trasformavano a loro volta in stregoni. Il messaggio cristiano veniva così adattato alla cultura locale, e questo era, soprattutto per le gerarchie ecclesiastiche di Roma e per gli altri ordini, molto problematico in quanto l’adattamento avveniva nei confronti di culture considerate “basse”, vicino all’animalità, e non, come per esempio in Cina, con culture alle quali veniva riconosciuta un’intrinseca dignità.